jeudi, septembre 01, 2005

 

De cendres et de terre.

"Spaghetti thriller", "Horror all'italiana", "Thrilling alla Dario Argento", sono tante le denominazioni, per un genere che ha sempre affascinato o incuriosito, sconvolto o spiazzato; e che continua - quasi come il tempo si fosse fermato - ad essere idolatrato in tutto il mondo. Se la nascita dell'horror lo si deve a Riccardo Freda con il film "I VAMPIRI", girato nell'ormai lontano 1957, sarà senza dubbio con Mario Bava ("il grande maestro") che certe tematiche e regole verranno coodificate, liberando il cinema thriller di tanti fronzoli inutili, per mettere in scena la scenografica "bellezza" della morte nel suo :"SEI DONNE PER L'ASSASSINO" - violenta carneficina ambientata tra le stoffe e i pesanti tendaggi, di un atelier di moda - dove i personaggi non sono altro che pedine, di un macabro gioco; come illustrano del resto i titoli di testa, dove gli attori vengono presentati con i volti e i corpi a mo' di manichini. Parallelamente ai film di Mario Bava - il cui unico difetto è stato quello di essere troppo in anticipo sui tempi - nascono (grazie anche al clima sessantottino) altre "specie" di thriller, che, partendo dal canovaccio de "I DIABOLICI" di Clouzout, portano in scena, situazioni e personaggi dell'alta borghesia, che si muovono in ambienti lussuosi, in cui il vizio e la perversione, fa parte di un gioco, in cui la prospettiva di un ulteriore arricchimento, è già movente sufficiente per commettere un efferato delitto. Con "IL DOLCE CORPO DI DEBORAH" sarà Romolo Guerrieri a dar vita a queto filone - detto psyco-giallo sexy - che verrà codificato da Umberto Lenzi nell'affascinante e morboso "ORGAMO" (seguito da "COSI' DOLCE COSI' PERVERSA" e "PARANOIA") ; che rappresenta quel punto di incontro tra lo psyco - giallo sexy, e il thriller psichedelico, portato sullo schermo da Faenza con "ESCALATION" o da Severino con "VERGOGNA SCHIFOSI". Accanto a questi thriller, vede la luce un altro mini- filone, che partendo da "Dieci Piccoli indiani", ma sopratutto da "IL COLTELLO NELL'ACQUA" di Polansky (giunto nelle sale italiane in pieno clima 68' ) mette in scena un ristretto numero di persone a bordo di uno yacht in cui intrighi morbosi e malati, sono destinati a sfociare nella tragedia: i titoli che meritano di essere ricordati sono "INTERRABANG" di Giulio Biagetti (con uno sbalorditivo colpo di scena finale ) e "TOP SENSATION" di Ottavio Alessi (che viene ricordato unicamente come una delle pellicole più spinte, girate da Edwige Fenech). Ma oramai siamo alla fine degli anni 60', i tempi sono maturi per un cambiamento, e le varianti sono state percorse; i moventi e i colpevoli sono oramai esauriti e risultano prevedibili, non resta che stravolgere le regole. Mentre Mario Bava prendeva in giro il genere stesso con "5 BAMBOLE PER LA LUNA D'AGOSTO", e Lucio Fulci esordiva splendidamente con "UNA SULL'ALTRA", che però rappresentava un tributo al quel tipo di cinema thriller che andava scomparendo, apparve sugli schermi italiani "L'UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO" di Dario Argento che rovesciò completamente il genere stesso. Trattenendo da Mario Bava il gusto per la "scenografica" bellezza della morte, Argento introdusse geniali concetti visivi, come la soggettiva del serial killer, dando vita ad un virtuale "cordone" ombelicale tra lo spettatore e la vittima stessa, unito ad una ricerca particolare e mai banale dell'inquadratura, come il "macro", per creare quell'atmosfera sconvolgente e surreale in cui l'assassino si muove (si pensi al classico particolare dell'occhio). Ma accanto a tutto questo, la vera rivoluzione introdotta da Argento è a livello contenutistico e concerne il movente che spinge l'assassino a compiere i suoi rituali di morte: il TRAUMA. Alla base dei thriller argentiani, c'è sempre un trauma, per lo più legato all'infanzia nel momento in cui l'innocenza e la purezza di un essere umano è talmente sensibile da non riuscire a scindere il bene e il male; e questa tema verrà completamente sviscerato da Lucio Fulci nel bellissimo e "maledetto" "NON SI SEVIZIA UN PAPERINO". Con Dario Argento, il thriller (perchè fino alla metà degli anni 70' è questo il genere che prende il sopravvento in confronto all'horror) cambia decisamente rotta, dando vita da una parte a quella scuola detta "Argentiana", a cui appartengono il Paolo Cavara ( da riscoprire ) de "LA TARANTOLA DAL VENTRE NERO" o il Sergio Pastore di "SETTE SCIALLI DI SETA GIALLA"; dall'altra abbiamo film che si divertono a smantellare il meccanismo "alla Argento" come il Mario Bava di "REAZIONE A CATENA" o tendono a diversificarsi, ritagliandosi una dimensione tutta loro, come "L'ETRUSCO UCCIDE ANCORA" di Armando Crispino o il Pupi Avati de "LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO".
I primi "veri" segnali di horror li abbiamo a partire dal 1974, all'uscita di un horror americano che avrebbe sconvolto intere platee: "L'ESORCISTA". Appare inevitabile (forse) che numerosi registi, si cimentarono in questo filone, come Alberto De Martino per il suo "ANTICRISTO", e successivamente con "HOLOCAUST 2000" - ripreso però, dalla saga de "IL PRESAGIO" - con risultati indubbiamente godibili, fino a giungere a quel "piccolo" gioiello di tensione e angoscia datato 1974 e firmato da un talento straordinario, l'ingiustamente sottovalutato Francesco Barilli e il suo "IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO" , che riprendendo tematiche polanskiane che echeggiano "ROSEMARY'S BABY", ma omaggiando anche Mario Bava, nella figura della bambina vestita con pizzi e merletti, costruisce un perfetto meccanismo di horror, dove l'interprestazione "spiritata" di Mimsy Farmer (che negli anni 70' diventa una sorta di dark-lady del genere thriller - horror) gioca un ruolo di primissimo piano. Ma è il 1977, l'anno cardine del cinema thriller - horror italiano, ed ancora una volta è Dario Argento il suo portabandiera che con "SUSPIRIA" arriva ad infrangere tutte le regole, raccontando una storia di streghe cadenzata dai carillon ossessivi dei "Goblin" ripetuti all'infinito. In questo clima d'apice però, si innestarono i primi sintomi di crisi; l'influsso di prodotti scadenti, girati in quattro e quattro otto, portavano lo spettatore ad allontanarsi da questo genere, e mentre i maestri di sempre come Lucio Fulci continuavano a girare film di tutto rispetto come "SETTE NOTE IN NERO", l'avanzata del porno o il soft - core spinto ai limiti veniva unito allo splatter pretestuoso come in "GIALLO A VENEZIA". E nel 1980, siamo già agli sgoccioli: mentre Dario Argento con "INFERNO" registra uno dei suoi primi "flop" ( tenendo conto naturalmente degli incassi che i suoi film avevano sempre ottenuto ) , Lucio Fulci fa in tempo a "cesellare" il suo capolavoro - una sorte di testamento artistico ( come lo fu "LISA E IL DIAVOLO" di Mario Bava) criptico - che reca il titolo "L'ALDILA'-E TU VIVRAI NEL TERRORE'", la cui struttura "artudiana" e "metafisica" , lo fa giustamente annoverare, tra i "classici" del "genere". Dopo, nulla sarà come prima: Mario Bava ci lascia nel 1980 nel disinteresse generale, Lucio Fulci dopo "LO SQUARTATORE DI NEW YORK" combatterà con "budget" sempre più ristretti, fino a quando nel 1996 sotto la produzione di Dario Argento si preparava ad un atteso ritorno con "M.D.C", ma la morte lo ha colto prima dell'inizio delle riprese; mentre Dario Argento dopo un ritorno discreto al thriller con "TENEBRE" ha lentamente "smarrito" la sua strada, ritornando ad avere tocchi geniali in film come "PHENOMENA" o "OPERA" che però non la mai riportato nell'olimpo dei registi. “Sono sicuro di avere fatto solo grandi stronzate. Sono un artigiano. Un artigiano romantico, di quelli scomparsi. Ho fatto il cinema come fare le seggiole. Per me girare vuol dire il trucco, l’invenzione, la magia.” Come spiega che gli americani e i francesi hanno apprezzato i suoi film più degli italiani? Perché sono più fessi di noi.” In queste poche sintetiche dichiarazioni la semplicità e la grandezza di Mario Bava emergono in modo chiaro. Bava viene rivalutato ultimamente in occasione dell’uscita di Kill Bill di Tarantino, regista che ammette sempre la sua sconfinata ammirazione per il collega italiano, nata dalla visione ripetuta dei capolavori di uno dei registi più misconosciuti della storia del cinema. Bava è sempre stato confinato nei circuiti del horror di serie B, e spesso è finito ingiustamente in qualche fanzine bislacca insieme a registi di splatter movie. Ma ricordiamo che ebbe l’onore di finire sulle prime pagine di riviste come Positf o i Cahiers. Poi l’oblio, causato forse dal fatto che il concetto di cinema popolare è scomparso, lasciando il posto ad un cinema sempre più giocato su grandi cifre e su effetti speciali costosi, tanto lontani dalle pentole per la polenta effetto vulcano e dalla trippa usata da Bava. Un cinema fatto per le sale di seconda visione, per un pubblico che si esaltava per la vittoria dell’eroe di turno o si spaventava nel vedere mostri di cartapesta. Un pubblico non ancora succube della dittatura dei vari Spielberg, Lucas che impongono con la loro sfrenata potenza produttiva un modo di vivere falsamente democratico, facendo la gioia di quella certa critica che ride di Bava ma dovrebbe piangere di se stessa, della propria incapacità di ironia. Qualche breve nota biografica; Bava nasce in Liguria nel 1914, figlio di Eugenio, un versatile scultore, inventore, fotografo. Nella cucina di casa impara a giocare con la pellicola, a creare i primi trucchi, stando attento a non mescolare il cianuro di potassio con l’insalata! Inizialmente negli anni trenta lavora come creatore dei titoli di testa delle versioni italiane dei film americani, passando dopo breve tempo a diventare direttore della fotografia dei più importanti registi italiani dell’epoca. Lavora con Rossellini collaborando ai primi cortometraggi (La vispa Teresa, Il tacchino prepotente) e a La nave bianca, con De Robertis a Uomini sul fondo e Alfa Tau.
Successivamente dopo aver girato alcuni documentari, entra alla Lux collaborando con Steno e con Soldati.Come si può notare, tutt’altro che formazione artigianale! L’incontro determinante avviene però nel 1956: Bava viene chiamato a collaborare con Freda alla realizzazione de I vampiri, il film che è considerato il capostipite del cosiddetto gotico italiano. L’intervano di Bava si rivela fondamentale, tantoche si pensa che il film sia più suo che di Freda. Ha dichiarato Freda a proposito” Nei Vampiri facemmo a gara per ricreare gli esterni di Parigi alla Scalera film: A Parigi si rifiutarono di credere che quel LungoSenna fosse girato in un cortile con l’aiuto di qualche trasparente.”Più straordinari i mezzi usati per Caltiki, il mostro immortale di Freda; solo della comune trippa per gatti!Il passaggio alla regia avviene nel 1960 dopo aver collaborato a due peplum, il “genere” dell’epoca, Le fatiche di Ercole e Ercole e la regina di Lidia. Per ringraziarlo della collaborazione la Galatea, storica casa di produzione dei peplum gli offrì la regia di un lungometraggio; la scelta cadde sulla trasposizione di un racconto di Gogol, Il Vij: Titolo scelto:La maschera del demonio, il primo capolavoro di Bava. Si tratta di una storia di stregoneria, facilmente riassumibile. Nella Moldavia del XVII secolo una strega viene condannata la supplizio della maschera del demonio per ordine dell’inquisitore, suo fratello. Ma il corpo non viene bruciato condannandola a vagare per la terra nelle vesti di un fantasma.La maledizione si perpetua; la discendente Katia viene scelta dallo spirito della strega per diffondere la sua maledizione. La vendetta cade su due viaggiatori che fanno resuscitare incidentalmente la strega.Una banale storia di vampiri dunque che la capacità di Bava trasforma in capolavoro. La vicenda narrata da Gogol viene calata in un’atmosfera decadente, malata, colma di disperazione più che di terrore.Fin dal questo primo film Bava si rivela un maestro nel creare ambientazioni straordinarie, che rappresentano il punto di forza del suo cinema. L’immagine più famosa rimane quella di Katia in un bosco con due cani feroci, immersa in un’atmosfera indecisa tra la notte il giorno. A incarnare la figura della strega e della sua infelice discendente Bava sceglie Barbara Steele, attrice destinata a diventare la regina del cosiddetto gotico italiano. Con la sua figura scarna, con la sua aria da nobile inglese incarna perfettamente l’eroina baviana.Il regista utilizza molto il piano sequenza, dimostrando di conoscere a fondo le posizione baziniane. Spezzando la consequenzialità si scopre il trucco cinematografico, evento che in un film dell’orrore significa il fallimento pieno dell’operazione. Un altro elemento che Bava introduce, e che purtroppo sarà utilizzato fino all’inverosimile nei film dell’ orrore è la soggettiva (straordinaria quella della strega che vede la maschera che le Viene applicata).Già da questo primo film (che alcuni critici considerano capolavoro ineguagliato), è dunque possibile comprendere qual è il vero punto di forza del cinema baviano; la creazione di atmosfere ineguagliabili.Non interessano le storie e i dialoghi, quello che emerge è la straordinaria capacità di creare con poco un vero e proprio mondo parallelo. Mondo che si ottiene con gli oggetti, con la materia; in questo Bava è inarrivabile: non interessa la direzione degli attori, categoria poco amata; come ebbe a dire”Vorrei fare un film con soli mobili”. Dopo il discreto successo del film, Bava torna al mitologico. Dirige un Ercole al centro della terra che è universalmente considerato il migliore dei cosiddetti sandaloni. La trama è sempre la stessa; l’eroe di turno si trova a combattere con i soliti mostri e a essere tentato dalle solite donne perfide. La novità e il maggior interesse del film stanno nelle scene degli inferi, dove Bava può mostrare la sua bravura. I colori sono forti accesi come nella Maschera, le scene horror con combattimenti di zombi (peraltro appesi con i fili, che si vedono) si sprecano.
Leggendario il modo in cui vengono rappresentati i crateri; con pentole dove bolle la polenta!La filmografia di Bava prosegue con un film sui Vichinghi, Gli invasori, memorabile in quanto maggior incasso del regista e anche in quanto fra le interpreti troviamo le mitiche sorelle Kessler. La carriera prosegue con un Meraviglie di Aladino, film tra i peggiori del regista, fatto per ragioni alimentari. Un vero e proprio pasticcio al di là di ogni immaginazione; troviamo Vittorio de Sica nelle vesti del genio, Aldo Fabrizi nel ruolo del sultano. Basti sapere che per mostrare la capacità di volare del genio, vengono tagliati i piedi! A commento non posso non riportare il commento di un critico”. La regia è così approssimativa da generare uno spettacolo affliggente anche al bambino più longamine di questo mondo”. Nei due anni successivi Bava gira due film, La ragazza che sapeva troppo e La frusta e il corpo. Data l’impossibilità di poter visionare i film mi rifaccio all’ottimo Castoro di Pezzotta, che mi servito da spunto per queste poche note. La ragazza che sapeva troppo si ricollega fin dal titolo alla suspense del grande Hitchcock. E’ a tutti gli effetti un giallo con componenti orrorifiche molto forti e in un certo senso fonda un nuovo genere; il thriller all’italiana.Molto curate sono le ambientazioni in una Roma inedita; la sequenza in Piazza di Spagna è riproposta pari pari da Argento in Suspiria. All’inverosimiglianza della trama corrisponde una messa in scena impeccabile; Bava ritorna ad essere a pieno titolo direttore della fotografia. De La frusta e il corpo si può dire molto poco; ritornano attori dei film precedenti, ed è ancora l’ambientazione a suscitare il maggior interesse. E’ il film che maggiormente ha ispirato Corman e che ha fatto dire a Scorsese, alunno dello stresso Corman” Mi piacciono i film di Bava dove non c’è storia, solo atmosfera, con quella nebbia e le signore che camminano lungo i corridoi, sono una sorta di gotico italiano. Bava sembra appartenere al secolo scorso.”
Il film seguente rappresenta uno dei vertici della carriera baviana; « I tre volti della paura », un film ad episodi. Un trittico veramente straordinario, composto da Il telefono, I Wurdalak e La goccia d’acqua. Nel primo una voce femminile minaccia la protagonista, Rosy, una prostituta.sullo sfondo una storia di lesbismo abbastanza esplicita.Il secondo tratto da una racconto di Aleksey Tolsoj, racconta una storia di vampirismo dove la pietà verso i propri parenti infetti porta alla morte.Nel terzo, un’infermiera che veglia il cadavere di una medium, ruba il suo anello. Ci saranno conseguenze terribili. Un vero e proprio capolavoro, ricco di fascino e di ironia. L’episodio che svetta è sicuramente quello de i Wurdalak, dove troviamo un grandissimo Boris Karlloff, che morì poco dopo le riprese. Bava lo ricorda come un uomo molto mite e molto professionale, che durante la ripresa di una scena lo abbracciò ringraziandolo perché non si era mai divertito così tanto. L’epilogo del film mostra Karloff su un cavallo meccanico che dice “State attenti, sognatemi”. Intanto passano alcune persone che muovono frasche. Il trucco è svelato palesemente con un’operazione metacinematografica che anticipa molte pseudoelucubrazioni dei nostri tempi. Un vero lampo di genio nel segno di quell’ironia che contraddistingue il regista. Non meno importante e straordinario è il film seguente Sei donne per l’assassino. La trama è abbastanza intricata e inverosimile. Si tratta di un assassino che uccide modelle nei modi più fantasiosi. Come si vede Seven non ha inventato nulla.. Si tratta di un delirio pop con colori irrealistici,con una varietà cromatica incredibile. Al confronto un film di Argento sembra un quadro naif. Ancora una volta è l’ironia a dominare; quando alcuni critici chiesero a Bava il significato del finale si mise a ridere. Il contenuto non ha ragione d’essere, quello che interessa è la forma. L’anno seguente Bava gira un Western alimentare La strada per Fort Alamo, praticamente invisibile. Si tratta di un western che pare riprenda pedissequamente le opere di Leone, uguale ai tanti che riempivano gli schermi dell’epoca.Ben più importante è il film seguente Terrore nello spazio, uno dei capolavori della fantascienza italiana. Anche qui la trama è abbastanza semplice; sul pianeta Astra entità estraterrestri invisibili si impossessano dei corpi degli astronauti. E’ chiaro che l’idea delle entità invisibili nasce dalla necessità di risparmiare sugli effetti speciali; anche la recitazione degli attori non è un granche. Quella che è straordinaria è la capacità di Bava di creare un atmosfera che poi sarà copiata mille volte; il tutto è ottenuto con alcuni massi scartati dal set di un peplum e con le luci multicolori che illuminano la nebbia del set.Per non parlare del mostro; uno scheletrone palesemente finto che all’avvicinarsi degli astronauti emette una specie di lamento, ottenuto rallentando il nastro di una qualunque registrazione. Un film che avrà una grande influenza sul cinema successivo; pensiamo ad Alien, non ha la stessa trama?Il film seguente rappresenta uno dei punti più bassi raggiunti dal regista; si tratta de Le spie che vengono dal semifreddo, con un cast “stellare”; Vincent Price, Franchi e Ingrassia. Uno 007 all’amatriciana sul quale è meglio far scendere un pietoso silenzio, basti il finale: Franco esce dalla pentola degli spaghetti. Vediamo anche Bava vestito da angelo…. Il regista si riscatta ampiamente con Operazione paura, uno dei suoi capolavori, che influenzerà palesemente anche Fellini per il suo Toby Damnit Un medico arriva in un paesino dove avvengono strane morti. Viene a conoscenza del fatto che molti anni prima una bambina era morta. Pare che il suo fantasma appaia di tanto in tanto. A spingerla al delitto è una misteriosa contessa-medium.. I fantasmi esistono veramente nel mondo del piccolo paese. Fantasmi che assomigliano tanto a quelli evocati da Henry James nel suo Giro di Vite, che è il referente più prossimo del film di Bava.La bambina protagonista, in realtà un bambino con la parrucca, diventa un archetipo per molti film dell’orrore fino a essere citata pedissequamente da Fellini. Il film è sicuramente il meglio curato formalmente da Bava, che crea un luogo della paura molto simile a quello della Maschera del demonio. Alla domanda legittima di Bava a Giulietta Masina sulle ragioni della scopiazzatura di Fellini, lei ripose”Sai com’è Federico”.Il film successivo è I coltelli del vendicatore, il secondo film sui Vichinghi di Bava. Chi lo ha visto parla di contaminazioni fra i vari generi, tra cui addirittura un richiamo ai film dei samurai. Con buona pace dei critici postmoderni, Tarantino non ha inventato nulla. Il 1967 è l’anno di Diabolik, il film per cui Bava ebbe il maggior Budget della sua carriera, 200 milioni, a cui non seguì purtroppo un buon successo di pubblico, nonostante la presenza di attori di richiamo come Adolfo Celi o Michel Piccoli. Si tratta del film più pop del regista, quello involontariamente più vicino al clima del 68. La paccottiglia e la plastica presenti nel film svelano un mondo falso e artefatto, come parallelamente avveniva nella cultura alta. La citazione del fumetto si trova anche in Godard e in Oshima, che attuano lo stesso percorso di Bava, seppur nel cinema autoriale. Il film fu definito da Kezich uno dei più brutti film degli anni sessanta, mentre ebbe una recensione positiva sui Cahiers da parte di Narboni che parlò di sbandamento di ordine percettivo e della poesia cinica del film.Sono interessanti le dichiarazioni di Todini a proposito della lavorazione del film”Per Diabolik aveva fatto con le sue mani quello che sullo schermo sembrava un immenso garage sotterraneo pieno di macchine. Fece tutto lui, con due lire e una pazienza da certosino, grazie a dei vetri trasparenti…In proiezione sembrava la fine del mondo, un ambiente di vastità pazzesca, invece era un modello inventato da lui” Il film successivo Roy Colt e Winchester Jack, un western svetta per la sua bruttezza, girato svogliatamente da un Bava fuori tono. Si tratta di un film che gioca su un umorismo di grana grossa; basti sapere che in bordello il posteriore di un vecchietto viene scambiato per quello di una ragazza…Di altro spessore è il film seguente Il rosso segno della follia, con una strepitosa Laura Betti , che d’ora in poi apparirà spesso nei film di Bava. Girato in Spagna in una villa appartenuta a Franco, segna il ritorno di Bava alle atmosfere che gli più consone, quelle del cosiddetto cinema gotico. Nel film si narrano le vicende di John Harrington, un sarto impotente, vittima di una madre castratrice. Egli uccide la moglie, che si ripresenterà come fantasma. Il tema della madre castrante è palesemente ripreso da Psyco,e l’idea del serial killer che è prigioniero di traumi infantili certo non nuova. Ma a Bava non interessano le vicende, interessa l’atmosfera. Viene abbandonata la scelta di mostrare colori irrealistici come nei film precedenti, e si sceglie di dedicarsi all’assurdità della trama. Su tutto regna incontrastata Laura Betti, che con la sua risata sbeffeggia tutto e tutti. Il film successivo Quante volte, quella notte non è certo all’altezza del precedente. Non altro che una squallide indagine su uno stupro con una struttura che ricorda (Kurosawa mio perdoni) Rashomon.Non mi soffermerei oltre. Solo due perle dei dialoghi Piacere,Gianni Preda!.Parente di Gianni Morandi? Se vuoi leggere qualcosa lì c’è l’elenco del telefono. Successivo è Cinque bambole per la luna d’agosto, film che Bava disprezzava, ma che è considerato una delle sue opere migliori. Si tratta di una storia ispirata a Dieci piccoli indiani. L’inverosimiglianza arriva a livelli estremi, con dialoghi buttati lì per caso. E’ veramente un inno dal gusto anni 70, un vero paradiso per gli occhi par i cultori del modernariato.Nel film fa la sua comparsa un procedimento che Bava utilizzerà moltissimo nei film a venire: inquadra un oggetto sfocandolo mostrando solo macchie di colore, oggetti che si rivelano diversi da quelli che apparivano. Oggetti che ama più degli attori, visto che affermava”Quando devo passare da un ‘oggetto ad un attore lo faccio malvolentieri”.Si tratta di un film di passaggio, che segna l’inizio di una delle fasi produttive più importanti del regista, l’ultima.Il film seguente, Reazione a catena, è ritenuto universalmente uno dei capolavori del regista. E’ conosciuto anche con un altro titolo. Ecologia del delitto. Non a caso, difatti la vicenda si svolge su un’isola dove si scontrano interessi per la costruzione di un villaggio turistico. In una serie infinita di omicidi, se ne contano 11, si dipana una vicenda alquanto intricata, dove la colpevolezza e il sospetto su un personaggio vengono ripetutamente smentiti dagli avvenimenti. La natura prende il sopravvento, i personaggi sono trattati come gli insetti che uno dei protagonisti colleziona, e loro vicende sembrano viste dagli occhi di un entomologo. Anche in questo film ad interessare il regista sembrano di più gli ambienti, descritti sempre perfettamente. Gli uomini e le donne che si avvicendano sull’isola sono vittime e carnefici allo stesso tempo e giustamente pagano con una morte orribile le loro colpe. Incredibile la sequela degli omicidi e la fantasia delle varie uccisioni; dalla contessa, uccisa nel salone di casa dal marito, alla decapitazione della maga Laura Betti, all’uccisione dei due amanti che stanno facendolo l’amore e che sembrano godere ancora dopo essere stati trafitti. Il sangue scende a profusione, senza però impietosire lo spettatore. Bava si sofferma solo un attimo sui cadaveri, preferendo mostrare la natura, il sole , le albe, gli animali. Con un montaggio frenetico e con un uso della macchina a mano strabiliante, Bava si mostra ancora una volta capace di rimettere in discussione la propria tecnica. Non mancheranno a seguire i tentavi di imitazione dei vari registi di serie z, ma senza arrivare ai vertici baviani. A tutti gli epigoni, non stancherò di ripetermi, manca sempre l’ironia, e se esiste diventa ridicolo involontarioIl film successivo, Gli orrori del castello di Norimberga, non si segnala per particolari novità. Si tratta di una summa dei motivi baviani, arricchita con qualche aggiornamento, come la presenza dei distributori di Coca Cola.Lisa e il diavolo una vicenda alquanto singolare; in Italia non fu mai visto nella sua versione integrale in quanto fu manomesso da produttori aggiungendo altre scene non presenti e un nudo della Koshina. L’operazione fu alquanto squallida, poiché si cercò di scimmiottare malamente l’Esorcista uscito lo stesso anno. E allora non si pensò due volte di fare intervenire un prete che cerca di esorcizzare la protagonista, imitando la famosa scena del film di Friedkin. Un pastrocchio indicibile, che snatura la bellezza originale del film di Bava, che ho avuto la fortuna di vedere. In originale si tratta di una delirante storia di fantasmi, dove ogni logica spazio temporale viene ignorata. Le morti si susseguono senza sosta, non si comprende se siamo davanti a persone vive o natami, mentre un sornione Terry Savalas nelle vesti di un maggiordomo continua a succhiarsi un lecca lecca che diventerà proverbiale.Alcune scene osano parecchio, come quella di un amplesso che avviene davanti allo scheletro della fidanzata del protagonista, ormai morta da tempo. Fra gli astanti riconosciamo anche Alida Valli nelle vesti della contessa, la soffocante madre del protagonista.Alto e basso si mescolano sempre come nei film di Bava. Basta pensare che la colonna sonora comprende il Concerto di Aranjeuz di Rodrigo, che accompagna le performance “attoriali” di un interprete a dir poco imbambolato.Purtroppo la salute di Mario Bava comincia a peggiorare e per gli ultimi film si fa assistere dal figlio. Il suo ultimo lavoro per il cinema è Shock, un film che sembra solo una raccolta dei film precedenti e dove non emerge nulla di nuovo. Il film è interessante per una sequenza dove assistiamo all’animazione di alcuni oggetti, tra cui un pianoforte che sembra ridere.Solo gli oggetti hanno ancora dignità nel cinema di Bava, sempre più staccato dalle cose del cinema e sempre più pessimista sull’uomo. Prima di morire, Bava riesce a collaborare con il figlio alla realizzazione di un mediometraggio per la televisione tratto da La Venere d’Ille di Merimée. Il racconto, secondo me tra i più belli della letteratura fantastica dell’ottocento, narra del ritrovamento di una misteriosa statua greca nel giardino di un ricco nobile. Per valutare la preziosità della statua viene chiamato un antiquario da Parigi. Il figlio del nobile sta per sposarsi con una ragazza benestante, ma la Venere del giardino lo vuole tutto per se. Un racconto gotico, giocato sulle sfumature tra realtà e finzione, adattissimo alle corde di Bava, che riprende l’antico splendore. In una messa in scena raffinatissima, struggente per la sua malinconia, viene narrata la storia di questo amore infelice e impossibile. La figura femminile della statua diventa un elemento profondamente inquietante, sorella delle streghe dei primi film, una di quelle signore che girano per le stanze non arrivando da nessuna parte.Le fiamme che bruciano la statua alla fine del film sono l’ultima immagine del cinema di Mario Bava, un signore gentile e discreto che si definiva un umile artigiano.
Di questi artigiani il cinema italiano sente profondamente la mancanza.
ALDILA', L' ASSASSINO E' ANCORA TRA NOI, L'
ABA YAGA
LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO
COSI' DOLCE... COSI' PERVERSA
CORPI PRESENTANO TRACCE DI VIOLENZA CARNALE, I
CORTA NOTTE DELLE BAMBOLE DI VETRO, LA
L'ETRUSCO UCCIDE ANCORA
INFERNO
MACCHIE SOLARI
NON SI SEVIZIA UN PAPERINO
PERCHE' QUELLE STRANE GOCCE DI SANGUE SUL CORPO DI JENNIFER
IL PRATO MACCHIATO DI ROSSO
IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO
REAZIONE A CATENA (ECOLOGIA DEL DELITTO)
SPASMO
STRANO VIZIO DELLA SIGNORA WARDH, LO
IL TUO VIZIO E' UNA STANZA CHIUSA E SOLO IO NE HO LA CHIAVE
I VAMPIRI

Comments:
Sur google.fr il y a un outil de traduction italien -> français. Merci de l'utiliser.
 
Arrête de te la péter avec ton italien et puis t'en a pas vu 1/10ème de ces films. Grandis un peu D., arrête de lire de la "BD" et d'écouter du "Hop Hop" là et d'acheter des robots en kit ! Quel gamin celui-là !

Et au fait Cowboy bebop c'est génial !
 
COW BOY bebop c'est adulte ?
effectivement pas vu un dixième des films de l'article : aucun n'est dispo françe...
Traducteur franco Italien j'attends que tu me montres mon chéri....
 
Quoi ? tu n'as pas fait Italien 1ere langue à l'école ?
jeune padawan, va...
 
bon en fait sur google il faut d'abord traduire l'italien vers l'anglais, puis de l'anglais vers le français 8)
mon chéri ?? c'est nouveau ça !
 
et oui môssieu cowboy bebop c'est adulte na !
et ce n'est pas la très respectable Association Francophone Française Ritalophobe qui me contredira.
 
Traducteur qui ne traduit que des conneries...

Préfère garder texte intact, capte qui pourra....
Dommage, trés belle synthèse sur cet exercice de style trés particulier (que les ricains adorent tant)....
 
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